Un gran bel film

Lungo e lento, bellissimo (per quelli che amano un certo tipo di film). Bravi i protagonisti, in particolare Lubna Azabal (Mina). La regista è la marocchina Maryam Touzani. Il titolo italiano è IL CAFTANO BLU.

Halim è un sarto talentuoso con una bottega nella medina di Salé (Marocco) dove vive con la moglie Mina che lo aiuta anche in negozio. Il loro rapporto è stretto e affettuoso, nonostante una malattia che affligge Mina e l’omosessualità nascosta di Halim. L’arrivo di Youssef, un giovane apprendista molto attento a studiare le tecniche di Halim, porta novità nella routine consolidata della coppia, in un periodo scandito dalla cucitura di un bellissimo caftan blu per una cliente con poca pazienza.
(Da MyMovies)

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Father and son

Ricordo che quando uscì nelle sale avrei voluto vederlo. Sono passati quasi 10 anni e l’ho trovato per caso su RAIPlay. Bellissimo.

Molto coinvolgente e commovente. Era molto tempo che non piangevo a guardare un film.

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Tunnel

Nei mesi di tunnel non mi viene in mente di scrivere qualcosa qui. Il fatto che ora mi ricordo del vecchio blog probabilmente è un buon segno.

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Benevolenza pregiudiziale

Benevolenza: buona disposizione d’animo verso una persona, affettuosa simpatia, indulgenza (dal dizionario Treccani)

Consideriamo la possibilità di una benevolenza che non sia particolare o occasionale, bensì una disposizione d’animo costante nei confronti delle persone che ci sono vicine o che incontriamo, ovunque.
Una benevolenza che sia il rifiuto di giudicare, del pregiudizio, della diffidenza, dell’indifferenza: guardare con simpatia coloro che non conosciamo oppure sono diversi da noi per l’aspetto, la lingua, le idee.
Una benevolenza, per così dire, pregiudiziale.
Ci sto provando, per stare meglio con me e con gli altri e perché penso che sia giusto.

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The reader (Ad alta voce)

L’ho rivisto, dopo un po’ di anni. Mi era piaciuto, mi è piaciuto ancora di più: mi ha fatto pensare, a qualcosa su cui non ho mai riflettuto abbastanza.

Hanna (bravissima Kate Winslet) è analfabeta, é stata reclutata dalle SS ed è stata guardiana ad Auschwitz; negli anni ‘50 incontra il quindicenne Michael, che inizia al sesso e da cui si fa leggere libri. Negli anni ‘60 viene processata insieme ad altre cinque donne per aver lasciato morire trecento prigionieri ebrei in una chiesa in fiamme. Verrà condannata all’ergastolo perché le altre la indicano come capo e lei non si difende per non svelare che è analfabeta. Michael, ora studente di legge, capisce solo ora il problema di Hanna e decide di tacere per rispettare la volontà di lei.

La colpa di Hanna è evidente: insieme alle altre ha deciso di non aprire la porta della chiesa perché il loro compito era di sorvegliare i prigionieri e non avrebbero saputo gestire la situazione che si sarebbe creata con la fuga dalla chiesa: questo risponde alle domande dei giudici.

Essere analfabeta può essere considerato una spiegazione o un’attenuante per la colpa di Hanna ? Non lo so. Credo che non significhi soltanto non saper leggere e scrivere: ma anche vedere il mondo, le persone con una sorta di miopia dell’intelletto e dei sentimenti. Ma non mi interessa tanto questo, il fatto è che dopo questo film mi sono trovato a guardare le persone in modo diverso.

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Seri

Ha avuto una vita soddisfacente, per quello che ne so. Gli ultimi vent’anni rallegrati dalla nipote che è arrivata quando ormai non ci sperava più. Quella nipote, che ora soffre molto, ha avuto un rapporto speciale con la nonna; ora è sul letto, assistita da Ginger e Mario, i due gatti socievoli (poi forse arriverà Fred “Grattugia”). Addio Severina.

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Ricordi

Ci eravamo conosciuti in quarto ginnasio, avevamo fatto tutto il liceo insieme, ma non ci eravamo mai davvero frequentati. Diventammo amici con l’inizio dell’università, pur non avendo quasi nulla in comune, a parte l’essere iscritti tutti e tre a giurisprudenza. Ognuno per ragioni molto diverse da quelle degli altri due.

Una notte a Bari, vent’anni dopo l’università, per l’io narrante è occasione di ricordi di giovinezza; a me i suoi ricordi provocano una sorte di tempesta della memoria.

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Una torta di PVZ

Ma quanto è bella la sensazione che si prova sfornando una torta, impastando un pane o mescolando una zuppa sul fuoco?! Ecco, per me questi sono gesti di conforto in cui mi imbatto quotidianamente e che, in qualche modo, mi fanno star bene. Siamo in tanti a cucinare ogni giorno, e lo facciamo soprattutto per necessità. C’è a chi non piace, chi si rifugia in piatti pronti da scaldare al microonde, chi vorrebbe avere più tempo e troppo spesso, per pigrizia o necessità, prepara le solite pietanze ogni settimana. E’ la vita, e succede anche a me. Più si cresce e più il fattore tempo influenza le nostre scelte. Noi presto saremo in tre e già mi immagino cedere a qualche prodotto del banco freezer. Per questo motivo ognuno di noi ha delle ricette che ricorda a memoria e sulle quali va “a colpo sicuro”. Tra queste io ho il ciambellone di mamma, che ogni tanto vario per il gusto di farlo. Perché il segreto è proprio questo, non solo in cucina: avere già in mente la base di partenza (ingredienti), procedimento e risultato. Se qualcosa si conosce bene, ci viene più facile realizzarla e…trasformarla.
Per questo motivo non potevo lasciare in archivio questa ricetta. Ce ne saranno diecimila versioni a giro nel web, adesso ce ne è una in più.

Belle immagini, buone ricette e un po’ di filosofia del cibo. Questa è PaneVinoeZucchero. Stavolta ha fatto una Torta variegata, bella e di sicuro buonissima.

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Cioccolato di Modica

Sono stato a Modica per qualche giorno e ho scoperto il famoso cioccolato, che non avevo mai assaggiato. Lì per lì non mi ha fatto un buon effetto: per la consistenza inaspettata e il gusto difficile. Poi piano piano…

Quando lo mangi dovresti dimenticare quell’altro che conosci bene: il cioccolato di Modica è un’altra cosa. La materia prima è la stessa ma i processi produttivi e i prodotti finali sono assai diversi.

Le fave di cacao vengono fatte fermentare e poi essiccate, prima del trasferimento al luogo di produzione. Qui vengono pulite, tostate e decorticate; poi macinate e raffinate: il risultato è la massa di cacao (detta anche pasta di cacao o liquor) che contiene più o meno in parti uguali la parte secca e quella grassa (burro di cacao).

Massa di cacao

Fino a questo punto il processo è sostanzialmente uguale per tutte le tipologie di produzione.

Cioccolato di Modica prima della formatura

Successivamente per il cioccolato di Modica la massa di cacao viene riscaldata e resa fluida a 40-45 gradi, con aggiunta di zucchero e eventuali aromi, senza ulteriore lavorazione; poi il cioccolato viene formato e confezionato.

Tavoletta di cioccolato di Modica

Invece nella produzione industriale si procede alla separazione della parte secca e del burro di cacao, che poi vengono mescolate in varia proporzione e lavorate a lungo ad alte temperature: il risultato è il cioccolato (che generalmente si definisce fondente). Il cioccolato al latte si ottiene con aggiunta di latte in polvere. Il cioccolato bianco contiene solo burro di cacao.

Il cioccolato artigianale è un discorso a parte, in quanto i processi produttivi sono presumibilmente assai diversi da un’azienda all’altra.

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Vacanze siciliane

Da un settimana sono a Modica, amena città del sud est, conosciuta per la cioccolata lavorata a bassa temperatura.

È la base di partenza per piccole spedizioni verso le spiagge e località come Noto, Scicli, Siracusa, Ragusa …

Le arancine di Martino Ragusa

Atterrati a Catania ci dirigiamo in centro e mi mangio la prima arancina, buona. In una trattoria del centro facciamo una scoperta: li chiamano asparagi di mare, è la salicornia, pianta spontanea diffusa in Italia, lungo le coste, predilige terreni ad alta salinità, tipici degli ambienti marini. Una delizia.

A Marina di Modica, in una trattoria un po’ speciale scelgo la busiata con bottarga di tonno; una pasta locale la busiata, bottarga olio e limone. Una meraviglia.

E poi il sanapo, in una ottima trattoria di Modica.

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